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Marina, o meglio Motja - abbreviativo di "matrioska" affibbiatole dal padre appena nata - è una trentenne moscovita come tante, figlia di professori universitari e laureata in lettere. Lavora instancabilmente come correttrice di bozze per un quotidiano della capitale ed è sposata da anni con Kolja, informatico senza grandi pretese. Il piccolo Artèm, detto amorevolmente Puffo, ha ormai cinque anni, e in fondo tutto scorre in modo normale... Sconfortantemente normale? Insomma, il terreno è fertile per un potenziale amante, che puntualmente arriva. Il suo nome è Lanin, e da brillante ospite televisivo l'affascinante cinquantenne si materializza nella redazione di Marina. Finalmente una passione ardente, se non fosse che anche Lanin è sposato, e sua moglie è stretta nel lento stillicidio di un tumore maligno. "Ma l'infedeltà è banale in un romanzo femminile" contesta la stessa Motja. E infatti, la parabola dell'avventura extraconiugale fa soltanto da sfondo a domande che da personali si fanno universali. Perché è così faticoso vivere insieme? Come posso essere felice? Cosa mi aspetto dalla vita? Come possono convivere amore e libertà? In ogni dialogo la protagonista sembra sottolineare i luoghi comuni propri e altrui, per poi tentare di verificarli a uno a uno. Finale aperto ma non disarmante, per un classico moderno che si fa specchio per ognuno di noi. Rigorosamente senza retorica, né soluzioni dogmatiche.